Dopo solo sei mesi di vita da pensionata è incominciato questo incubo del corona virus a cui inizialmente non avevo dato l’importanza che avrei dovuto. Passa il tempo a fine febbraio incominciano ad arrivare le notizie dalle ex mie colleghe. Una collega a cui ero molto legata si è ammalata ed è stata ricoverata per covid-19. Dopo un giorno raggiunta da sua madre che purtroppo non ce l’ha fatta. Medici e colleghi infermieri infettati. Mi sono resa conto di aver sottovalutato questa situazione. Avrei voluto stare vicino ai miei colleghi, lavorare insieme, rendermi utile e, invece, ero a casa. Giornalmente sentivo le colleghe che mi aggiornavano, scaricavano con me le loro tensioni ed io cercavo di assorbire il tutto. Ho vissuto con loro questo momento con le loro foto su come erano vestite, le vesciche che segnavano il viso, dimostrando stanchezza e stress, si percepiva dai loro discorsi la loro volontà di farcela. Più passava il tempo e più il desiderio di stare con loro era forte! Di questo periodo mi rimarranno le loro parole, i messaggi, le foto e i video di questi due mesi estenuanti. Rimane un po’ di amarezza per chi non se l’è sentita di affrontare questa situazione, tirandosi indietro (non voglio biasimare nessuno) ma se fossi stata in servizio avrei fatto volentieri parte del loro team! Tornare a casa dopo giornate piene come sono state le loro, e poter raccontare l’ esperienza ai figli e nipoti, sicuramente li rende eroi. Chi si è tirato indietro non avrà nulla da raccontare, anzi finito tutto dovranno rendere conto a chi veramente ha da tanto. Io ho cercato di rendermi utile sul territorio, vicino a casa: raccolta per acquisto presidi sanitari (guanti, strumentazione per sanificazione ambulanze, tablet per i pazienti), raccolta di generi alimentari. Un contributo, ma nulla di tutto quello che avete fatto voi! Un grazie di cuore colleghi!


After only six months of living as a pensioner, this Covid nightmare began and I hadn’t initially given it the importance I should have. Time passes, at the end of February I’m starting to get the news from my former colleagues. A colleague I was very close to got sick and was hospitalised for covid-19. After a day joined by his mother who unfortunately didn’t make it. Doctors and fellow nurses infected. I realised I had underestimated this situation. I would have wanted to be close to my colleagues, to work together, and instead, I was at home. Every day I heard from my colleagues that they’d bring me up to speed, they’d dump their tensions on me and I was trying to absorb the whole thing. I lived this moment with them, with their pictures of how they were dressed, the blisters that marked the face, showing fatigue and stress, and I understood by their talk their willingness to make it. The more time went by, the more the desire to be with them was stronger! Of this period I will remember their words, messages, photos and videos of these two exhausting months. There’s still a little bitterness left for those who don’t know the need to deal with this situation, backing out of (I don’t blame anyone), but if I had been on duty I would have gladly been part of their team! Coming home after days as full as theirs have been, and to be able to tell the experience to their children and grandchildren, it certainly makes them heroes. Those who have backed out will have nothing to say, on the contrary they will have to answer to those who really have a long time to live. I tried to make myself useful in the territory, close to home: collection of purchase of sanitary facilities (gloves, ambulance sanitation equipment, tablets for the patients), food collection. A contribution, but nothing like everything you’ve done! Thank you very much, colleagues!