Ciao COVID, sei una celebrità ormai, non si parla d’altro che di te. Sei la sfida che affrontano le nostre società sofferenti e, come ogni grande crisi, ci dai l’opportunità di crescere e cambiare. Qui in Italia non eravamo pronti a dover fare i conti con la malattia e con la morte. Nonostante le pecche, abbiamo un ottimo sistema sanitario che ci ha protetto da tante cose e alla fine, sibillina, si è instaurata in noi l’idea che le persone possa vivere sane per sempre. Sono la prima a soffrire quando un mio caro si ammala, e ho pianto molto quando i miei nonni sono morti. Non è questo però che avvalora la vita stessa? Il fatto che possa finire è ciò che la rende preziosa. Abbiamo avuto un incontro ravvicinato ultimamente, avrei preferito non conoscerti ma non è stato possibile nonostante abbia preso molte precauzioni. Non ho paura perché sei stato lieve con me, tengo monitorati i sintomi e attendo di vedere ciò che sarà, ma spero nel meglio.
Mi dicono che le persone muoiono da sole, che i corpi spariscono, che non possiamo salutarli. Per noi italiani è davvero terribile. Abbiamo il culto della salma, al contrario degli orientali, e salutarla ha una grandissima valenza. Guardiamo chiudere la bara e la seguiamo al cimitero. Mentre i becchini la calano nella tomba, piangiamo e ci stringiamo tra noi in cerca di conforto. Penso sia quella la chiave di tutto: il conforto. Come possiamo in queste condizioni trovare conforto? Ho colleghi in corsia che portano sulle spalle la paura che hanno di te, altri che nei polmoni respirano il tuo peso, altri ancora che hanno avuto contatti sospetti e si chiedono se gli farai visita. Sono convinta che tu ci abbia messo in crisi, caro COVID, ma spero che questa crisi ci porti nuova consapevolezza di ciò che siamo e ciò che vogliamo. La straordinarietà dell’essere umano è questa: ci adattiamo. Dopo i dovuti pianti, ci adatteremo anche a questa vita scombinata e saremo in grado di rimetterne insieme i pezzi.
Hello COVID, you’re a celebrity now, that’s all anybody talks about. You’re the challenge facing our suffering societies …and, like any great crisis, you give us the opportunity to grow and change. Here in Italy we were not ready to have to deal with illness and death. Despite the flaws, we have a very good health care system that protected us from so many things and eventually, in some way, the idea was established in us that people can live healthy lives forever. I’m the first to suffer when a loved one of mine gets sick, and I cried a lot when my grandparents died. Doesn’t that validate life itself, though? The fact that it can end is what makes it valuable. We’ve had a close encounter lately, I wish I hadn’t met you but that hasn’t been possible despite taking a lot of precautions. I’m not scared because you’ve been soft on me, I just … monitor your symptoms and wait to see what happens, but hoping for the best. They tell me that people die alone, that bodies disappear, that we can’t say goodbye to them. For us Italians that is really terrible. We have the cult of the corpse, unlike the Orientals, and greeting it has a very great value. We watch the coffin close and follow it to the cemetery. While the undertakers lower it into the grave, we mourn and we squeeze together in search of comfort. I think that’s the key to everything: the comfort. How can we find comfort in these conditions? I have colleagues in the corridors who carry their fear of you on their shoulders, others who breathe you into their lungs … others who’ve had suspicious contact and are wondering if you’ll pay them a visit. I’m convinced you’ve put us in a crisis, dear COVID, but I hope this crisis will bring us a new awareness of who we are and what we want. The extraordinariness of the human being is this: that we adapt. After the due tears, we will also adapt to this messed up life and we will be able to put the pieces back together.