Miei Cari, da un giorno all’altro mi è stato chiesto di guidare un treno chiamato “Covid rosso”. Senza nessuna esitazione ho detto “si”. Ovviamente chiedendomi se fossi in grado di guidare questo treno. Con l’aiuto di una collega abbiamo allestito il convoglio. Data di partenza: 12 marzo. In sordina senza clamore mediatico. Il personale di bordo non lo conoscevo, non c’era tempo. Facciamo salire i primi passeggeri. Le uniche fermate purtroppo sono: Paradiso e SAR. La corsa continua implacabile, senza sosta. Nel frattempo arriva una nuova chiamata, devi guidare un altro treno ad alta velocità: il covid emergenza.

La mia prima risposta è no! Ma alla fine non ho avuto scelta, non c’era tempo per pensare, la stazione era ormai piena di passeggeri. Va bene condurrò anche questo convoglio. Sono salita sul treno con lo stesso equipaggio del covid rosso, rafforzato da molti altri colleghi volontari. Il treno si presentava in condizioni precarie. Lentamente, pezza su pezza, siamo partiti. La frustrazione di non essere all’altezza e la paura di sbagliare mi accompagnavano in ogni momento del mio viaggio. l’attenzione e la meticolosità nell’indossare i presidi di protezione individuale, mascherine, tute, vestizione e svestizione … ci affaticava e preoccupava ulteriormente. In ogni momento mi ripetevo: non puoi cedere, devi condurre questo convoglio senza tentennamento. I passeggeri arrivavano nella loro solitudine senza bagagli, con casco, cPAP, maschere ad ossigeno e molto terrore. Attorno il silenzio era sovrastato dagli allarmi che squillavano in continuazione e da occhi disperati in cerca d’aiuto. All’inizio del viaggio a tratti mancava il carburante, ma spesso le fermate rimanevano Paradiso e SAR. Non erano consentite visite, solo chiamate o videochiamate. L’unica debolezza che mi concedevo è il pianto che ogni tanto si fa strada, arrivava all’improvviso. Medici, Infermieri, OSS, ognuno con la propria professionalità hanno contribuito a rendere la nuova squadra più forte. Mi sono chiesta come sia stato possibile che persone che non hanno mai lavorato insieme in reparto covid siano riuscite a creare un gioco di squadra così saldo ed efficace. Si lavorava stanchi e determinati. La solidarietà si poi, si è sentita anche dall’esterno. Ci hanno donato acqua, panini, pizza, gelati. Si è creata una meravigliosa catena d’amore e solidarietà di fronte questa drammatica situazione. Le forze dell’ordine hanno tolto il cappello e ci hanno ringraziato. Piano piano arrivava qualche guarigione, i passeggeri cominciavano a scendere alle fermate casa, albergo altri istituti… Finalmente il treno è arrivato al capolinea, le cicatrici sono il segno che è stata dura. Il sorriso è il segno che ce l’hai fatta. Ringrazio tutto l’equipaggio ed i passeggeri per questo percorso lungo, faticoso, doloroso ma alla fine vincente.

Il capotreno Lea


My loved Ones, from one day to the next I was asked to drive a convoy called “the red Covid”. Without any hesitation, I said yes. I asked myself, can I drive this train? With the help of a colleague, I set up the train. Departure date: March, 12th. We set off quietly without any media clamor. I didn’t know the crew, there’s no time. Let’s get the first passengers on board. The only stops unfortunately were Paradise and SAR. The journey continues without stopping. When a new call comes in, you have to drive another high-speed train: the Covid emergency. My first answer is no! But in the end I had no choice, there was no time to think, the station was full of passengers. The frustration of not being up to the job and the fear of making mistakes accompanied me every step of the way. I got on the train with the same crew as the red covid. The train was in a precarious condition, little by little, rag on rag we left. The fatigue of the garrisons, mask, overalls, undressing. At every moment I repeated to myself: you can’t give in, you have to drive this train without hesitation. The passengers showed up with helmets, cPAP, oxygen masks. All around them, alarms were ringing all the time and desperate eyes. More and more serious passengers kept boarding, but the only stops were Paradise and SARS. Passengers are not allowed to visit, only calls or video calls. The only weakness I indulge in is the crying that sometimes makes its way, comes suddenly. Doctors, nurses, Health assistants, everyone with their professionalism contributes to make the new team stronger. I wonder how it is possible that people who have never worked together in covid wards have managed to create such a strong and effective teamwork. You work tired and determined. Solidarity was also felt from outside. They gave us water, sandwiches, pizza, ice cream. A wonderful chain of love and solidarity was created in the face of this dramatic situation. The police took their hats off and thanked us. Gradually some healing arrives, the passengers begin to get off at the stops at home, hotel and other institutions. Finally the train arrives at the end of the line, the scars are a sign that it was hard. The smile is a sign that you made it. I thank all the crew and passengers for this long, tiring, painful but ultimately a winning journey.

Train Manager Lea